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I ritratti di Elisabetta nelle collezioni fotografiche triestine

La fortuna iconografica di Elisabetta trova riscontro nella ricca collezione fotografica del Comune di Trieste, sia presso la Fototeca dei Civici Musei di Storia ed Arte di Trieste, che presso l'Archivio Sartorio. L'interesse per la fotografia, testimoniata nel ritratto in cui l'imperatrice è intenta a sfogliare un album fotografico, progressivamente si amplia fino a diventare passione per il collezionismo, in particolare, di scatti di donne sconosciute, legate dal comune tema della bellezza. 

La più antica immagine dell'imperatrice, conservata negli archivi comunali triestini, è costituita da una fotoincisione risalente al 1857: unico ritratto conservato in Fototeca che la immortala con la famiglia imperiale.

Alla foto di gruppo pubblica fa da contraltare un'immagine di gruppo rubata alla dimensione privata. L'imperatrice è rigorosa nel divulgare esclusivamente il suo volto pubblico, obliando quello privato, ma in archivio esiste un positivo non ufficiale: si tratta di una foto scattata a Madeira, in cui Sissi appare serena e rilassata sul ponte di una nave in compagnia di damigelle e marinai.

Tutti i restanti positivi conservati negli archivi del Comune di Trieste ritraggono l'imperatrice da sola, a conferma del suo “far di sé un'isola”, come amava ripetere.

Una serie di immagini dell'imperatrice scattate dal fotografo Ludwig Angerer risalgono al 1860. Immortala Elisabetta in studio, a figura intera per enfatizzarne il rango, con un vestito di pizzo bianco, priva di orecchini, ma con vistosi braccialetti di perle bianche ai polsi. L'impiego della figura intera indica l'importanza attribuita all'intero spazio corporeo, con una grande attenzione ai dettagli: dalla ricchezza dell'abito, al contesto lussuoso e, solo parzialmente, al volto. Appoggiata a una sedia o con un libro in mano, Elisabetta è ritratta priva di trucco: incarnato perfetto, dotato di un corpo alto, snello e adorato. I tratti regolari, la sottigliezza e un sapiente uso della luce restituiscono la bellezza tout court dell'imperatrice. Lo sguardo melanconico non è solamente espressione di uno stato d’animo, ma è in sintonia con lo stile romantico della ritrattistica dell’epoca: Elisabetta appare sola con gli accessori tipici degli studi dei pittori, prima, e dei fotografi, poi, ovvero, la colonna, la tenda, la sedia, il tavolino rotondo.

Sempre e comunque giovane, Elisabetta incarna anche in fotografia il mito dell'eterna giovinezza, della bellezza eterea, s-velata e distante, da idolatrare. Sono imitate le sue pettinature intrecciate, realizzate dalla parrucchiera di fiducia Fanny Angerer. I suoi abiti, il suo stile, la sua bellezza espongono un modello sognato, difficilmente emulabile.

Elisabetta dimostra di avere consapevolezza moderna dell’uso dell’immagine: questa ha da assolvere prioritariamente alla necessità identitaria di saper sfuggire al degrado connesso alla vecchiaia, prima, e alla morte, poi. Le fotografie non costituiscono una semplice icona di bellezza, tuttavia, ma rappresentano ugualmente uno strumento di comunicazione del potere: attraverso il medium fotografico, alla sovrana è possibile fuoriuscire dal consueto perimetro di corte e raggiungere anche i ceti più umili. La foto dell’incoronazione ungherese del 1867 attesta urbi et orbi la grandezza dell'Impero. Per realizzare un'immagine perfetta, il fotografo Emil Rabending realizza in studio, già alla fine del 1866, il ritratto di Elisabetta con il vestito dell'incoronazione. L'evento sarà celebrato solo il giugno successivo. Tutto è artificio e propaganda: la figura intera, la corona, l'abito impreziosito con le immancabili perle.

Alla fine degli anni Sessanta, si registra una cristallizzazione dell’immagine dell’imperatrice con l’intento di interrompere il processo di invecchiamento. Elisabetta escogita sapienti tecniche per mascherare l'incalzare degli anni, tramite l'uso di ventagli e velette, per poi negarsi in modo definitivo al mezzo fotografico. Contando di raggiungere l'immortalità con il volto della giovinezza, si limita a far ritoccare le vecchie fotografie, grazie all'invenzione degli obbiettivi anastigmatici che consentono di produrre immagini nitide e favoriscono lo sviluppo del ritocco. Il fotografo Carl Pietzner, che apre uno studio a Vienna nel 1892, mette in commercio l’ingrandimento di un ritratto di Angerer del 1868, ritoccato. Il poncho bianco e nero dell'immagine originale sparisce in favore di un più moderno collo di pelliccia. Al contrario dei primi ritratti, non c'è più spazio per gli abiti vaporosi o i gioielli, l’attenzione è rivolta esclusivamente al volto, un volto senza tempo.

Fotogenica e ritratta sempre giovane, Elisabetta diviene volontariamente un’icona. Le fotografie diffondono l’immagine di un volto che, non rispettoso delle tappe della vita, non conosce i confini del lento e inesorabile decadimento.     

 

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